Absens
©COPYRIGHT 2016 CATALINA ISABEL NUCERA.
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Mia madre è venuta a mancare il 1° settembre 2016. Non la vedevo di persona dal 2010, ma ci sentivamo spesso su Skype. Era affascinata e felice di questa nuova forma di comunicazione. Ci separavano 12.000 chilometri, una distanza che per molti sarebbe insormontabile, ma non per la mia famiglia, abituata a emigrare tra Europa e Sudamerica.
Le circostanze in cui ho appreso della sua scomparsa e le ragioni che mi hanno portato a raggiungere il luogo dove viveva, 71 giorni dopo, restano un ricordo intimo, condiviso solo con la famiglia e pochi amici.
Dovevo svuotare la casa. La casa che lei aveva custodito per 27 anni. Ero agitata, in uno stato di inquietudine. Fuori dalla porta d’ingresso trovai una ceramica che aveva realizzato: un drago, creato per proteggere la casa.
Volevo documentare quel momento, scoprire qualcosa attraverso la fotografia, ma mi ritrovai semplicemente riflessa in ciò che immortalavo. Cercavo la sua essenza, un frammento di lei, ma trovai solo pochi oggetti a ricordarmela.
Iniziai così la più dolorosa delle selezioni, tra ciò che era rimasto. Contattai un’associazione di volontariato per anziani indigenti e donai quasi tutto.
In giardino, una rigogliosa ortensia mi trasmetteva un misto di malinconia e distacco. Riflettevo sulla fragilità della vita, e immaginai un orizzonte blu, dove lei, certamente, fluttuava serena.
Mi rassicurava con dolcezza: "Hija, estoy bien aquí."
E quell'orizzonte blu divenne il nostro rifugio.
Le circostanze in cui ho appreso della sua scomparsa e le ragioni che mi hanno portato a raggiungere il luogo dove viveva, 71 giorni dopo, restano un ricordo intimo, condiviso solo con la famiglia e pochi amici.
Dovevo svuotare la casa. La casa che lei aveva custodito per 27 anni. Ero agitata, in uno stato di inquietudine. Fuori dalla porta d’ingresso trovai una ceramica che aveva realizzato: un drago, creato per proteggere la casa.
Volevo documentare quel momento, scoprire qualcosa attraverso la fotografia, ma mi ritrovai semplicemente riflessa in ciò che immortalavo. Cercavo la sua essenza, un frammento di lei, ma trovai solo pochi oggetti a ricordarmela.
Iniziai così la più dolorosa delle selezioni, tra ciò che era rimasto. Contattai un’associazione di volontariato per anziani indigenti e donai quasi tutto.
In giardino, una rigogliosa ortensia mi trasmetteva un misto di malinconia e distacco. Riflettevo sulla fragilità della vita, e immaginai un orizzonte blu, dove lei, certamente, fluttuava serena.
Mi rassicurava con dolcezza: "Hija, estoy bien aquí."
E quell'orizzonte blu divenne il nostro rifugio.